È difficile comprendere il personaggio del Dott. Dorče Sardoč senza l'aiuto di un'adeguata cornice storica, che fornisca gli elementi necessari per capire il periodo nel quale egli visse. A questo proposito riportiamo alcune considerazioni tratte dal saggio storico di Milica Kacin Wohinz, pubblicato in versione integrale come introduzione al libro di Sardoč “L’orma del TIGR” (pubbl. dalla fondazione Dorče Sardoč, Gorizia).
CORNICE STORICA
I programmatori fascisti dell’italianizzazione degli allogeni non poterono o non vollero riconoscere il fatto che il popolo sloveno era entrato nella storia moderna con un alto grado di coscienza culturale e civile.
L’atteggiamento della nazione italiana nei confronti delle comunità slovena e croata sul confine orientale era condizionato dalla politica estera italiana e, durante il Ventennio, anche dalla dottrina fascista, in base alla quale non c’era posto per altri popoli in uno stato nazionalmente unificato. La presenza di sloveni e croati nella Venezia Giulia determinò perciò un’espansione più veloce e incisiva del fascismo in questo territorio. Qui trovò due avversari politici: il movimento operaio rivoluzionario e il movimento nazionale slavo, che unì nel termine “slavo-comunismo”. La politica dell’Italia nei confronti della minoranza diversa assunse con il fascismo una nuova dimensione, diventando così parte integrante della politica interna – indicata come “politica di confine”, attuata dal “fascismo di confine” – il cui obiettivo, in accordo con le mire imperialistiche dell’Italia, era di creare un territorio italiano compatto sul confine orientale con la funzione di trampolino di lancio verso i Balcani.
L’assimilazione di sloveni e croati iniziò ben prima del fascismo, con la chiusura di diverse scuole, il divieto di utilizzo dello sloveno e del croato nei tribunali, il trasferimento di impiegati statali, l’esilio di cittadini non italiani, fino alla distruzione e all’incendio delle sedi di associazioni, effettuate dalle squadre fasciste con il sostegno del governo. Una volta al potere, il regime intraprese la riorganizzazione amministrativa della regione, attuando nel 1923 anche la riforma scolastica Gentile, che trasformò circa 400 scuole slovene e croate in scuole italiane. Negli anni successivi furono eliminate in modo legale – cosa possibile nel totalitarismo fascista – tutte le testimonianze della presenza di comunità italiane su questo territorio.
Il fascismo si adoperò per annientare tutte le forme di vita democratiche presenti in Italia e quindi anche quelle che rappresentavano le minoranze nazionali, riuscendoci entro il 1928. La resistenza ad esso si manifestò in molteplici forme, dalla disubbidienza passiva ad atti estremi e violenti, e si sviluppò già negli anni Venti in quell’antifascismo attivo del Litorale che contribuì alla vittoria nella Seconda guerra mondiale e al cambiamento del volto dell’Europa.
Dopo lo scioglimento forzato delle associazioni, dei partiti e della loro stampa negli anni 1927-1928, il movimento per la conservazione dell’identità nazionale si trasferì in clandestinità, nell’ambito della famiglia e della Chiesa. Dai due fronti politici tradizionali, il cristiano sociale e il liberal-popolare, si svilupparono inoltre nuove organizzazioni antifasciste illegali. Negli anni Trenta entrò a far parte della lotta contro il fascismo anche il Partito comunista italiano, soprattutto la sua componente slovena.
Nei territori di confine si sviluppò, all’interno del movimento politico liberal-popolare, l’organizzazione segreta giovanile TIGR. I primi gruppi illegali di questo movimento radicale si formarono nel 1924 a Trieste e nella zona della Pivka e Ilirska Bistrica.
Il nome dell’organizzazione TIGR derivava dalle iniziali di Trieste, Istria, Gorizia e Rijeka (Fiume) e richiamava l’obiettivo del movimento: la liberazione di questi luoghi dal giogo della dittatura fascista. La Lotta contro l’assimilazione del popolo sloveno e di quello croato comprendeva soprattutto un’attività di propaganda e educazione della gente.
Anche negli anni Trenta, con il fascismo all’apice del proprio potere e gli anni più duri per i popoli non italiani, l’assimilazione non ebbe successo. Leggi, decreti, arresti, processi, trasferimenti, ma anche interventi morbidi, attuati attraverso istituti sanitari e sociali, non raggiunsero l’obiettivo prestabilito.
Il territorio di Gorizia e Trieste rimane, infatti, ancora oggi multietnico e plurilinguistico. La comunità slovena continua a prosperarvi con le proprie scuole e associazioni di vario tipo.
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